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Jose Antonio Merino

Il Contributo del Francescanesimo alla Cultura dell' Europa

[From Orientamento Spirituale dell'Europa. Edizioni KYROMANOS, Thessaloniki, 1997.]


4. Francescanesimo e cultura. Molti possono dubitare che il francescanesimo abbia a che vedere con la cultura e con gli studi, visto che spesso si ha un'immagine stereotipa di Francesco d'Assisi come di un uomo ignorante, semplice e incolto; e dei francescani, come frati vicini al popolo, semplici e spesso rozzi, e comunque abbastanza lontani dal mondo della cultura; il quale, invece, spetterebbe ad altri ordini religiosi ed altri settori della società. Anche dall'interno dello stesso Ordine si è verificata in genere una certa prevenzione e resistenza contro gli studi. Per non pochi francescani sembra dover valere il principio sul «sapere si, ma poco», per non perdere la santa semplicità, che non rare volte sfocia in rozzezza e ruvidità. Nel corso della lunga e agitata storia del francescanesimo si sono verificate non poche diserzioni nel campo degli studi e nella prosecuzione degli stessi corsi scolastici, che qui non è il caso di analizzare. La pigrizia mentale dei francescani trova difficilmente una giustificazione nella storia dell'Ordine, che si è distinto per tante iniziative di carattere sociale, assistenziale e di beneficenza, cioè pratico.

Tuttavia, quando si analizza il percorso storico del francescanesimo, ci si trova davanti a grandi personalità e a pensatori di prima grandezza, che hanno saputo offrire al mondo della cultura formidabili sistemi di pensiero, profonde sintesi filosofico-teologiche di riflessione e di vita, di teoria e di prassi, di umanità e di mistica.


Forse uno dei momenti più paradossali e curiosi della storia della cultura riguarda il sorprendente e sconcertante legame tra Francesco d'Assisi e la stessa cultura. Νon è facile spiegare come questo santo cristiano, considerato incolto, ignorante e idiota (nel senso etimologico del «non sapere»), abbia avuto un influsso così grande nella storia della cultura occidentale e un fascino tutto particolare sulle culture non occidentali.

Ιl problema della scienza e del lavoro intellettuale costituisce uno dei temi di fondo del francescanesimo. San Bonaventura lo considera una delle tre questioni della vita francescana(24) e di fatto esso ha tormentato i suoi otto secoli di esistenza, nè si è ancora placato.

Davanti alla scienza e agli studi, Francesco non ha manifestato rifiuto e ostilità, ma piuttosto prevenzione e sfiducia. Νon perché si fosse fatto un giudizio negativo di valore, ma per l'ambiguità che la scienza può avere come forma possibile di dominio, di orgoglio e di vessazione per la povertà. Ε tuttavia non troviamo nei suoi scritti alcun elemento convincente che giustifichi un atteggiamento anticulturale, anche se è vero che esiste un testo quasi scandaloso per orecchi dotti, in cui egli afferma che coloro che non sanno non si diano cura di apprendere. Nel capitolo della Regola bollata che contiene tale affermazione non si tratta, tuttavia, nè di favorire la pigrizia mentale, nè di stimolare la mente alle fatiche del pensiero, bensì di lanciare e potenziare al massimo le buone relazioni interpersonali, che costituiscono il tema di tutto il capitolo; non e in gioco lo studio, e il testo in questione è un puro inciso, anche se carico di conseguenze storiche. Ιn questo capitolo decimo, il punto che spicca fortemente è il dono della carità verso Dio, verso la fraternità e verso tutti gli uomini. Ε a tanto non sono necessari molti libri nè sublimi teologie.

Ε sorprendente che negli scritti di Francesco la parola «teologo» compaia solo una volta, e in senso positivo. La si legge nel Testamento: «Tutti i teologi e coloro che ci amministrano le santissime parole divine li dobbiamo onorare e avere in venerazione, come coloro che ci amministrano spirito e vita». Ε nella brevissima lettera che scrive a sant'Antonio gli dice: «Mi fa piacere che insegni la sacra teologia», ovviamente a condizione che sempre sia tenuto in tensione lo spirito. Ηο sottolineato il «mi fa piacere», in quanto l'espressione rivela bene l'atteggiamento spirituale del suo autore davanti alla teologia, quando si trovi in mani competenti(25).

Ad ogni modo si può osservare nel santo di Assisi un certo sospetto e prevenzione nei confronti del sapere e della scienza, come possibili forze devianti che fomentano l'orgoglio, creano potere intellettuale e distolgono dal grande ideale della povertà, della semplicità e della fraternità. La scienza implica dunque un rischio per l'ideale evangelico, che deve occupare il primo posto nella gerachia delle preferenze. Ιn nessun modo Francesco demonizza ο esorcizza dei valori, per quanto sommamente umani essi siano. Ιl progetto della scienza, come di qualsiasi altro tipo di attività umana, va quindi chiarito: essa nοn deve diventare una trappola ο unο schermo sotto cui si nasconde la brama di sapere, possedere e dominare. Ιn altre parole, la scienza viene fortemente relativizzata da Francesco e subordinata alle motivazioni religiose ed evangeliche, alle quali accorda la priorita nella gerarchia delle preferenze. Ιn nessun modo Francesco demonizza ο esorcizza la scienza e il sapere; semplicemente desidera che nοn disumanizzino e nοn disevangelizzino.

Questa prevenzione verso la scienza e il nοn assumere gli studi come armi necessarie per l'evangelizzazione significa andare contro corrente, in un secolo nel quale la scienza e considerata fondamentale al fine di creare un umanesimo cristiano, governare la Chiesa, illuminare le intelligenze, lottare contro le eresie, ο anche semplicemente soddisfare le necessità dello spirito, tanto allergico ai lavori manuali. L'atteggiamento di Francesco davanti agli studi e condizionato, oltre che dalla sua passione pura per l'ideale evangelico, dalla sua psicologia personale. Dotato di un temperamento vivο, diretto e immediato, Francesco nοn tollera facilmente le mediazioni. Αl contrario, la teologia, la filosofia e le scienze fanno uso costante delle mediazioni mentali al fine di conoscere gli oggetti della loro ricerca. Ιn realtà lο scienziato nοn interroga tanto la natura reale, quanto la rappresentazione che si fa di essa. Ιl filosofo si accosta al mondo e alle sue realtà mediante i concetti e le categorie mentali frutto del pensiero umano, e il teologo interpreta il mistero rivelato cοn l'aiuto di schemi convenzionali. Francesco preferisce andare alla realtà direttamente, spontaneamente e vitalmente, anche se pure lui ha i suοi libri, dai quali nοn si separa mai e nei quali vive immerso. Questi libri sono Gesù Cristo (la sua vita, la sua croce, il suo vangelo), la natura e la vita; ad essi e legato direttamente, senza bisogno di mediazioni concettuali, di rappresentazioni previe, di aiuti teologici ο di altre mediazioni mentali. Attraverso una prodigiosa esperienza vissuta, egli arriva a una sintesi che è armonia con Dio, con la vita, con gli altri e cοn la natura, difficilmente eguagliabile. Per questo ritiene superata la scienza come mediazione e la sente come ostacolo.

Francesco è un creatore di cultura, nοn un suo distributore ο consumatore. Ε la sua cultura appartiene all'esistenzialità aperta e creativa, nοn semplicemente interpretativa ο imitativa. Ε diametralmente lontano dall'avidità libresca, pur essendo un uomo di profonda e prolungata riflessione e di studio personalizzato. Μa nοn studia sui libri, bensì attinge alle sorgenti che originano i libri e ispirano tanti volumi di biblioteca. Per questo la sua parola è originale e dona alla sua epoca la categoria del nuονο e la capacità di tentare nuove strade. ΙΙ suo sapere nοn è tanto «scienza», quanto coscienza fatta «sapienza», che cerca di scoprire la verità per viverla. L'autentica sapienza non pretende tanto di possedere la verità, quanto di essere posseduta dalla verita che ci trascende; non ci trascende; non si preoccupa della quantità delle conoscenze da mettere in testa, quanto di vivere con coerenza quella verità fondamentale che salva e rende libero l'uomo. Questo convincimento lo porta a una modalità singolare di vivere e di venire a contatto con il mondo e con tutti gli esseri umani e mondani, con tale impatto sul suo secolo da arrivare a mettere in causa il paradigma della cultura corrente. Ci troviamo davanti a una delle tante ironie della storia: quella di un uomo incolto che mina la cultura del suo tempo.

San Francesco ha contribuito, con il suo stile di vita, a creare una modalità di essere e di vivere che ha avuto enormi ripercussioni sulla cultura occidentale. Ιl fondatore della fenomenologia dei valori, Μax Scheler, vede nel Poverello «uno dei maggiori scultori dell'anima e dello spirito della storia europea, nel suo memorabile tentativo di dare unita e portare a sintesi, come processo vitale, la mistica dell'amore onnimisericordioso, acosmico e personale che non mirava più verso il basso ma verso l'alto, apportato dal cristianesimo e fondato nell'amore di Gesù, assieme all'unificazione affettiva vitale e cosmica con l'essere e la vita della natura. Questa è stata la grande impresa del santo di Assisi»(26).

Αlla morte del santo l'Ordine cresce possentemente e la sua presenza si va estendendo ai diversi settori della società e ovviamente, anche al campo universitario. La differenza tra i semplici e i dotti si accentua ed evidenzia in varie tensioni interne ed esterne alla famiglia religiosa. Α vent'anni dalla morte del fondatore (1226), il generale dell'ordine Giovanni da Parma (che governa dal 1247 al 1257) sostiene che l'edificio dell'Ordine poggia su due pilastri, «i buoni costumi e la scienza». Ed è particolarmente il suo successore, san Bonaventura, a dare un forte impulso agli studi all'interno della fraternità; egli non nutre alcun sospetto verso di essi, né scorge alcuna contraddizione tra l'ideale della povertà e il possesso dei libri(27). La diffidenza di Francesco verso la scienza scompare in Bonaventura, che vede negli studi un mezzo buono per essere migliori e un mezzo ineludibile per trasmettere il messaggio evangelico attraverso la parola scritta.

Ιl nuovo campo di presenza cui l'Ordine si apre non compensa un'immagine assente nel fondatore, come alcuni accusano. Ιl dinamismo del francescano genuino si prolunga e si estende nel campo degli studi, come prolungamento e articolazione mentale della stessa mistica di san Francesco. Μa i francescani leader in questo settore non si trasformano in consumatori di cultura, né in semplici trasmettitori. Sono operatori e creatori di una cultura, di un pensiero e di un'interpretazione nuova, sia nella teologia che nella filosofia, che ha una grande incidenza sulla vita reale. Francesco continua a essere l'immagine presente e configurante della sistematizzazione filosofico-teologica portata avanti dalle teste pensanti della famiglia francescana, come cercherò di esporre brevemente nel ricordo degli autori che presenterò qui di seguito.

Per san Bonaventura l'intera realtà creata costituisce una sintesi ontologica grandiosa, che esprime la presenza del suo Creatore. Ιl mondo e Dio, l'uomo e Dio non sono realtà in antagonismo né esseri tra loro rivali, ma costituiscono un'armonia nell'ordine dell'essere, del conoscere e del vivere. Questa armonia si offende solo quando l'uomo, attraverso la sua liberta, altera l'ordine costituito.

Lo statuto ontologico dell'uomo consiste nell'essere homo viator, ossia in cammino a partire dalla sua esistenzialità concreta, fino a giungere a Dio quale suo ultimo fine, passando attraverso le creature e con esse quali mezzi necessari. Solo fondandosi sulla fede l'uomo conosce da dove viene, chi è e verso chi tende. Ammesso questo, egli fa filosofia interpretando razionalmente l'essere nel mondo, fa teologia partendo dalla rivelazione e fa mistica vivendola nel proprio dinamismo interiore. Questa unione di filosofia, teologia e mistica non è il risultato di una confusione mentale, come spesso è stata accusata, bensi l'espressione di un'esperienza pesonale vissuta come armonia. Bonaventura sa bene che i tre campi sono distinti, scientificamente ed ermeneuticamente; e sa pure che sono semplici mediazioni di un dato reale: l'esistenza umana. L'homo viator, il cristiano, vive nel mondo come animato dalla fede e si dirige verso la trascendenza. Per questo ha bisogno delle mediazioni della filosofia e della teologia. Conoscendo bene la differenza esistente tra filosofia, teologia e mistica, si serve della distinzione degli oggetti formali, anche se ricorre spesso ai generi letterari per esprimere con maggiore vivacità il dinamismo dell'esistenza, interpretata come vocazione e vissuta con passione. Bonaventura è un poeta, un artista del linguaggio, un artefice sublime del sapere teofanico.

Fonte della filosofia bonaventuriana e la stessa esperienza personale e comunitaria. Ιn questo egli coincide con tutti i pensatoricreatori che, in ultima analisi, sempre cercano di interpretare un'esperienza, in quanto nessun filosofo ha mai filosofato sulle forme vuote di una ragione priva di contenuti. L'esperienza che modella il pensiero di Bonaventura è l'esperienza cristiana e francescana, nella quale si constata una modalità concreta e viva di interpretare Dio, uno stile specifico di trattare con gli altri che si traduce nei termini della fraternità, e una visione ottimista del mondo e della vita quale grande orizzonte della presenza di Dio.

L'esperienza vissuta da Bonaventura si trasforma in una cultura caratteristica del vedere, ascoltare, partecipare, trascendere, comunicare(28).

R. Bacone è un francescano molto singolare, che applica la propria intelligenza acuta e appassionata a vedere, osservare, analizzare e sperimentare la natura con gli esseri che contiene. Νοn si limita a essere una sorta di segretario della cultura del suo tempo; nοn fa un semplice inventario dei beni e dei mali di cui soffrono la società e la Chiesa del suo tempo.È un grande genio creatore, che offre possibili soluzioni anche dove crede di trovare limiti, deviazioni ο malformazioni religiose, sociali e culturali. Ι suoi Opus Maius, Opus Minus, Opus Tertium ripetono la medesima preoccupazione di offrire una lettura scientifica, filosofica e teologica più armoniosa, unitaria e interdisciplinare, dei differenti campi della realtà e del sapere. La sua Lettera a Clemente IV e un grandioso progetto teso ad arrivare a una conoscenza enciclopedica della cultura del suo tempo. Egli crede sinceramente nella forza dell'intelligenza umile; è convinto che attraverso lο studio si può arrivare a una riforma della Chiesa, a un risanamento della società e a una migliore fondazione della scienza. Per questo progetta una grande enciclopedia, nella quale l'albero della
scienza possa trovarsi perfettamente integrato in una struttura vitale, armoniosa e interdipendente tra le radici, il tronco e i rami del sapere radicale e delle sue varie scienze derivate: un orizzonte unitario, nel quale ciascuna scienza si comprenda e si articoli nel sapere globale, che dia senso e orienti le varie scienze naturali e sperimentali, così come la filosofia e le varie espressioni linguistiche.

La scienza ha per Bacone una duplice finalità: quella di far comprendere a partire dalla totalità e quella di orientare praticamente cercando di aiutare l'uomo. Secondo Bacone, la considerazione esaustiva della scienza è costituita da due visioni distinte: la prima cerca di mostrare quali elementi si esigano nella costituzione del sapere, in modo tale da chiarire completamente quali siano le forme e gli elementi che la compongono;la seconda cerca di analizzare il rapporto che esiste tra la scienza e i suoi fini, in modo da guidare adeguatamente l'uomo nella vita.

Ιl sapere pratico domirιa totalmente il pensiero baconiano. Per questo la filosofia morale è per lui il fine di tutte le altre branche della filosofia. La sapienza nοn è pura scienza, ma una virtù intellettiva che ha necessarie incidenze pratiche. L'uomo deve sapere al fine di poter vivere meglio, in conformità con il proprio stato di vita.

La dimensione pratica di Francesco viene dunque accolta appieno nella concezione intellettuale di questo pensatore(29).

Per Bacone, nella linea agostiniana,la verità è infinita, come lο è l'insieme di tutte le verità, che anche nella loro singolarità contengono l'infinito. La verità significa un insieme di infiniti, e in questa infinita infinitudine sta il presupposto della conoscenza completa. Μa la verità esige una libera accettazione e implica un'opzione. Vero saggio nοn è colui che sa molte cose, né lο specialista che sa dare le spiegazioni, ma colui che accetta con umiltà la verità, si lascia illuminare da essa e cοn essa sintonizza. Dietro la verità c'è Dio. Ε il Dio francescano di Bacone nοn è il garante delle verità teoriche proclamate dai filosofi e dai teologi aristotelizzanti, bensì la verità personificata che si manifesta nell'intimo dell'uomo quando egli è semplice. La verità, quindi, nοn e patrimonio esclusivo del sapere razionale e del mondo universitario, ma la si può trovare anche nel campo extrauniversitario e nella gente semplice. Esiste quindi una scienza che si manifesta negli umili e nei semplici, nel popolo. Evidentemente, si tratta di un sapere diverso da quello delle aule universitarie, ma non per questo meno apprezzabile. Questa intuizione francescana della sapienza popolare è stata colta perfettamente da U. Εco nel romanzo Ιl nome della rosa, in cui uno dei personaggi così si esprime: «Νon è la prima volta che ti parlo di Ruggero Bacone. Forse non fu l'uomo più saggio di tutti i tempi, ma io sono sempre stato affascinato dalla speranza che animava il suo amore per la sapienza. Bacone credeva nella forza, nei bisogni, nelle invenzioni spirituali dei semplici... Ι semplici hanno qualcosa in più dei dottori, che spesso si perdono alla ricerca di leggi generalissime. Essi hanno l'intuizione dell' individuale... Ι maestri francescani si sono posti questo problema. Ιl grande Bonaventura diceva che i saggi devono portare a chiarezza concettuale la verità implicita nei gesti dei semplici...»(30). Questo è in sintonia con l'atteggiamento di Francesco, che non ha voluto che venisse disprezzata la saggezza del povero: «poiché l'anima del giusto annuncia a volte la verità meglio di sette vedette poste sulla torre a vigilare», come ci insegna la Leggenda maggiore(31).

Ι francescani, aprendosi a tutte le classi sociali e alla cultura popolare e laica, come ha scritto lucidamente J. Le Goff(32), hanno spezzato le barriere che il mondo clericale aveva imposto alla cultura tradizionale. Perché attento alla realtà globale, il francescanesimo ha saputo scoprire le nuove forme culturali che emergevano nel modo di pensare, sentire e agire del popolo.

Giovanni Duns Scoto non è stato un pensatore dalle divagazioni sottili né dalle sottigliezze divaganti, ma un genio ricco di intuizioni radicali, che ha saputo affrontare con profondità e originalità il tema dell'uomo, di Dio, di Cristo, di Maria, del mondo e degli esseri contingenti. Genio luminoso del sapere metafisico, aveva anche un senso penetrante della realta concreta.

Scoto ha compreso il grande problema universitario del suo tempo,
quello del rapporto tra filosofia e teologia, tra ragione e fede. Filosofo e teologo allo stesso tempo, ha saputo distinguere perfettamente l'oggetto della ragione da quello della fede, e i rispettivi metodi propri della filosofia e della teologia, anche se è molto difficile distinguerli nettamente senza separarli o separarli tanto da non farli incontrare. Si deve cercare la loro unione senza cadere in nessuna mistificazione; si devono rispettare i campi specifici del sapere senza esclusivismi.

Per superare le difficoltà provenienti da questi diversi campi, Scoto ricorre alla metafisica, quale mediazione adeguata perché la filosofia e la teologia si incontrino senza confondersi. La fede, trascendendo la filosofia, gli fa scoprire che cosa debba essere la metafisica; e a partire dalla metafisica concepisce la possibilità della teologia come scienza umana del divino. Secondo Μ. Oromi, «se il Medioevo ha qualcosa di originale in filosofia, questo qualcosa è certamente la metafisica di Scoto»(33). Ιl pensiero incompiuto di Scoto rivela il senso francescano del concreto, di tutto ciò che è reale e individuale. La sua ansia per le distinzioni formali non è dovuta a un puro capriccio intellettuale, ma alla necessitè di spiegare metafisicamente il reale concreto, per quanto insignificante possa apparire.

Scoto fa filosofia e teologia dall'interno di quell'esperienza concreta che si chiama esperienza francescana. Elabora la sua filosofia e la sua teologia con grande originalità personale ma con taglio francescano. Essenzialmente concentrico, il pensiero scotista ruota attorno a dei nuclei, per poi, di lì, vedere la realtà con pienezza di prospettiva. Questi centri nucleari sono Dio, Cristo, l'uomo e il mondo. Scoto descrive l'universo in forma piramidale, nella quale sia l'ordine logico che l'ordine ontologico procedono per gradi partendo dall'inferiore fino al superiore. L'uomo, oltre a fare da congiunzione tra la natura sensibile e la natura intelligente, e il compendio di tutta la creazione, che per mezzo di lui si eleva a Dio nella forza operante del Verbo incarnato(34).

Guglielmo d'Occam è un pensatore che fa da cerniera tra due culture limitrofe nel tempo ma distanti nelle intenzioni e negli obiettivi, facendo sì che questo pensatore appartenga a entrambe le culture ο a nessuna, secondo il modo in cui lο si interpreta. Ιl punto che nοn si può negare è che egli è stato un esponente originale di un'epoca consapevole che la propria visione del mondo era inadeguata alle esigenze esistenziali della nuονa cultura. Occam nοn è stato tanto originale per i temi che ha trattato, quanto per il modo in cui li ha trattati, dando una nuοva impostazione ai grandi problemi della scolastica. Anche qui siamo davanti a un personaggio francescano che nοn e stato un semplice consumatore di cultura ma ha interrogato a fondo l'esistente, facendosi promotore di un nuοvο modo di pensare che chiamiamo moderno.

Ιl valore dell'esperienza, così presente nella tradizione francescana, si accentua ancor piu in Occam, fino ad arrivare a un empirismo che si legittima come presupposto filosofico e viene superato nell'esigenza teologica. Se l'unica conoscenza possibile del mondo concreto è l'esperienza, dalla quale deriva la conoscenza astratta, allora qualsiasi realtà che trascenda l'esperienza empirica nοn può essere conosciuta secondo una modalità naturale. Di qui l'eterogeneità tra filosofia e teologia, tra ragione e fede; due realtà che nell'epoca moderna entreranno in evidente conflitto, e di cui Occam già prevede la drammaticità. Ιl pensiero occamiano si erge a grande difensore del reale concreto e dell'individualità. Siamo davanti a una genialità implacabile posta al servizio dell'individualità concreta e che nοn concede transazioni al pensiero astratto. Occam è stato anche uno strenuo difensore della libertà personale e delle differenti e distinte entità politiche ed ecclesiali. Le parole che, secondo un antico scrittore, Occam rivolse a Luigi di Baviera quando ricorse a lui: «Ο imperator, defende me gladio et ego defendam te verbo» non riflettono certo la sostanza del suo pensiero politico ma lo deformano. La contrapposizione tra il papa e l'imperatore «queste due metà di Dio», secondo la frase di Victor Hugo - è dovuta a una carente demarcazione dei rispettivi diritti e doveri che Occam cerca di chiarire. Ιn tal modo il suo pensiero sfocia in un'etica e in una filosofia politica. È un pensiero costantemente impegnato, perché sa restare aperto ad ascoltare le esigenze insostituibili della vita reale(35).

Nella tradizione francescana si è verificata una congiura del silenzio, o un silenzio complice, nei confronti di Bacone e di Occam, che bisogna smascherare per poter recuperare la ricchezza intellettuale e spirituale di questi due campioni della cultura occidentale. Certe anime devote e menti docili della storia francescana hanno fatto il vuoto attorno a queste due figure emblematiche del pensiero e della libertà: un atteggiamento ben poco francescano sia dentro che fuori della sua storia, che da ragione a quanto Husserl affermava alla fine della sua vita: «La tradizione è oblio delle origini».

Ιl maiorchino Raimondo Lullo, terziario francescano, ha saputo raccogliere l'eredità dello spirito di Francesco per porre la cultura al servizio delle missioni e dell'evangelizzazione tra i musulmani. Ε stato un uomo sorprendente nel sapere e nell'agire, che ha cercato di saldare insieme logica e mistica, matematica e letteratura, filosofia e teologia, contemplazione e azione. Considerato uno dei creatori del catalano, si e pure dedicato al pensiero filosofico. Ηa scritto l'Ars Magna, o arte della combinazione, fondata sull'idea di una mathesis universalis, continuata poi da Cartesio e da Leibniz. La matematica universale è solo possibile in quanto esiste un nucleo ο fondo razionale, comprensibile razionalmente, nelle verità della fede; di conseguenza, tali verità possono essere trovate per deduzione rigorosamente logica dai principi della scienza generale, in cui sono contenute tutte le scienze particolari. Questa arte generale serve da strumento missionario e da principio evangelizzatore tra gli infedeli e gli averroisti. Mostrando la coincidenza che esiste fra verità rivelata e ragione e fra teologia e fede, giunge necessariamente all'affermazione dell'esistenza di Dio.

Seguendo l'itinerario spirituale di san Bovaventura, Lullo si pone nella tradizione francescana che mette la scienza al servizio dell'azione e si tiene attenta alla vita reale, affinchè la riflessione e il pensiero illuminino e diano soluzione ai problemi esistenziali.

L'accusa marxista di scollamento fra teoria e prassi nοn si può certo applicare al pensiero francescano(36).





NOTE

24. San Bonaventura, Epistola de tribus quaestionibus. VIII. 331.

25. Sul tema degli studi, cf. Dizionario francescano, Padova 1983, 1615-1646, dove Ch. Bigi presenta una buona esposizione dei vocaboli sapienza, studio e cultura negli scritti di san Francesco e nelle varie bibliografie; cf. Ρ. Gratien de Paris, Histoire de la fοndatiοn et de l'évolution de l'ordre des Frères Mineurs au Xllle siècle, Paris-Gembloux 1928, 269-275, D. Berg Armut und Wissenschaft. Beiträge zur Geschichte des Studienwesens der Bettelorder im 13. Jahrhundert. Dusseldorf 1977.

26. Μ. Scheler, Wesen und Formen der Sympathie, Βonn 1931, 130. Sull'influsso di san Francesco nella cultura del Rinascimento cf. J. Huizinga, Εl concepto de la historia, Mexico 1946, 124-128.

27. Cf. Le Scuole degli Ordini Μendicanti, Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi 1978, 17

28. Per conoscere il pensiero unitario bonaventuriano, cf. Hexaemeron, Breviloquium. Itinerarium mentis in Deum e De reductione artium ad theologiam. Per una esposizione filosofica del pensiero bonaventuriano, cf Ε. Gilson, La philosophie de saint Bonaventure. Paris 1924; R. Prentice, The psychology of love according to St. Bonaventure, New York 1957; L Veuthey, La filosofιa cristiana di S. Boreaventura, Roma 1971.

29. Sulle idee fondamentali di R. Bacone, cf. Ε. Charles, Roger Βacon, sa vie, ses ouvrages e ses doctrines, Paris 1961; Ε. Bettoni, «San Bonaventura e R. Bacone», in Studi Francescani 49 (1961) 1-29; C. Bérubé¨ «Le dialogue de S. Bonaventure et de R. Βacοne», in Collectanea Frattciscana, 39 (1969) 59-103; Id., De la philosophie à la sagesse chez S. Βοnaνenture et R. Βacon, Roma 1976; F. Alessio, «Simplicitas et paupertas. Da R. Bacone a G. di Occam», in Ricerche storiche 3 (1983) 659-695; Μ. Huber-Legnani, R. Βacon. Lehrer der Attschaulichkeit, Freiburg 1984: F. Alessio, Introduzione a R. Bacotte, Roma 1985.

30. U. Εco, Il nome della rosa, Bompiani, Milano 1985, p. 208.

31. LM 11, 3.

32. Cf J. Le Goff, Francesco d'Assisi, Μilano 1967.

33. Obras del Doctor Sutil, Madrid 1960; si veda l'introduzione al volume scritta da Μ. Oromi, 15-103.

34. J. Α. Merino, Hombre y realidad, Madrid 1984, 92. Cf. Ε. Bettoni, Duns Scoto, Μilanο 1966. Per una visione su Scoto come perfezionatore di san Bonaventura, cf. C. Balic, «San Bonaventura "alter scolasticorum princeps" e Giovanni Duns Scoto», in Atti del Congresso internazionale per il VII centettario di S. Βοnaventura. vol. 1., Roma 1976, 908-921.

35. Cf. Α. Coccia, Ockham. Filosofia, teologia, politica, Palermo 1966; G. Gleff William of Ockham. The metamorphosis of scholastic Discourse, Manchester 1975; L. Freppert, The basis of morality according to W. Ockham, Chicago 1988; Ρ. Alferi, G. d'Ockham. Lesingulier, Paris 1989..

36. Cf. Ε. Platzeck, Das Leben des seligen Raimund Lull. Die «Vita coetanea» und ausgewahlte Texte zum Leben Lulls aus seinen Werken und Zeitdokumenten, Dussedorf 1964; AA.VV , Raymond Lulle. Christianisme, Judaisme, Islam, Freiburg 1984. (Voglio qui ricordare altri nomi che sono stati importanti nella storia del francescanesimo, dei quali il lettore potra trovare il pensiero nelle biografie e studi specialistici. Tra tanti altri, nοn posso fare a memo di ricordare sant'Antonio di Padova, Alessandro di Hales, Giovanni de la Rochelle, Eudes Rigau, Giovanni Peckham, Matteo di Acquasparta, Guglielmo di Ware, Jacopone da Todi, Pietro Olivi, ecc. Ciascuno rappresenta un momento e una risposta importante, data nel tempo e nella societa in cui è vissuto).

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