image with the sign of Myriobiblos





Main Page | Library | Homage | Seminars | Book Reviews

ΕΛΛΗΝΙΚΑ | ENGLISH | FRANÇAIS | ESPAÑOL | ITALIANO | DEUTSCH

русский | ROMÂNESC | БЪЛГАРСКИ


LIBRARY
 


ΕΠΙΚΟΙΝΩΝIA

Κλάδος Διαδικτύου

SEARCH





ITALIAN TEXT


Previous Page
Jose Antonio Merino

Il Contributo del Francescanesimo alla Cultura dell' Europa

[From Orientamento Spirituale dell'Europa. Edizioni KYROMANOS, Thessaloniki, 1997.]


1. Ιl malessere della cultura. Da tempo e a tutti i livelli si parla di crisi, tramonto, decadenza, declino, ecc. per significare la situazione dolorosa, sconcertante e a volte drammatica che colpisce l'uomo sotto l'aspetto personale sociale, politico, economico, religioso e istituzionale. Si parla anche di crisi di civiltà e di crisi di cultura, volendo esprimere con tali termini una crisi di valori, di punti di riferimento, di principi, di autorità e di istituzioni che colpiscono le Chiese, gli Stati, la famiglia, la nazione, la religione, l'insegnamento,l'università, ecc. Certamente simile situazione, che appunto possiamo riassumere nei termini di crisi di civiltà e di cultura, nοn colpisce egualmente e allο stesso modo tutti i gruppi umani e sociali, cοn le loro istituzioni e i loro membri. Crea tuttavia nell'ambiente un senso indefinito di insoddisfazione, di ansia, di radicale provvisorieta in ogni cosa o quasi, sia a livello mentale che comportamentale, visto che quando le idee e le convinzioni non sono chiare qualsiasi comportamento diventa giustificabile.

Ci sono momenti storici caratterizzati dal fatto che l'uomo non sa dove poggiare i piedi e aggrapparsi con le mani. Allora si ha come l' impressione di vivere sotto una minaccia diffusa, senza appigli mentali ed esistenziali. «Esistono epoche, afferma F. Mora, nelle quali gli uomini scoprono di poter cessare di essere uomini. Tutto lo sforzo si concentra allora sul restare in piedi»(5). Dove il tenersi in piedi non significa necessariamente saper conservare l'eredità ricevuta e assimilata, nella quale si e cresciuti e maturati; può anzi significare la rinuncia e l'abbandono di tutto un mondo culturale e convenzionale, a favore di principi nuovi e di nuovi comportamenti che si adattino meglio alle esigenze dell'uomo adulto. Μa tutto questo movimento e dislocamento mentale e comportamentale ingenera facilmente un atteggiamento generalizzato di sospetto e di sfiducia contro tutto.

Νon sempre l'uomo sa a che cosa attenersi. Νon sa se fidarsi di un mondo già fatto, ereditato e interpretato, dove c'è pronta una nicchia in cui accomodare la vita, e lasciare che la coscienza vi si abitui, o se invece tagliare i ponti con questo mondo interpretativo e con la coscienza abitudinaria per lanciarsi nella vertigine di un mondo da costruire ma inusitato. Nei momenti di incertezza e di confusione, l'uomo ha bisogno di lucidità mentale e di coraggio esistenziale, se vuol uscirne e continuare a vivere: infatti la mente senza la volontà è inerte e impotente, come la volontà senza la ragione è cieca e terribile. Quando Cartesio si lancia alla ricerca di idee chiare e distinte, sa bene che senza la lucidità mentale l'uomo resta prigioniero della confusione e dell'inganno. Quando Pascal scommette la vita su alcune verità per le quali valga la pena di vivere e morire, dimostra che l'uomo giustifica l'esistenza e il senso della vita soltanto se trova ragioni e motivazioni per poter vivere e poter sperare. Ε tuttavia, ciò che oggi si trova messo in crisi non sono soltanto le idee, le ragioni e le motivazioni. Ciò che si trova messo in questione radicalmente, oggi, è lo stesso uomo, il suo passato, il suo presente e il suo futuro, ossia tutta la sua storia e tutta la sua cultura.

Già agli inizi degli anni Trenta, Ο. Spengler scriveva in tono drammatico: «Viviamo in un'epoca carica di fatalità. È spuntata l'era storica più grandiosa, non solo della cultura faustiana dell' Europa occidentale col suo tremendo dinamismo, ma appunto, per mezzo di essa, di tutta la storia universale, ben più grandiosa e temibile delle epoche di Cesare e di Napoleone. Ε tuttavia quanto sono ciechi gli uomini sui quali si scatena questo tremendo destino, che li trascina nel suo vortice elevandoli o annichilendoli!... Nascono tra loro delle ridicole vanità, come il superamento della crisi economica, l'intesa tra le nazioni, la sicurezza nazionale e l'autarchia, al fine di superare con la prosperity o con il disarmo catastrofi che abbracciano intere generazioni»(6).

Anche Husserl, cosi attento ai risultati delle scienze e alla problematica filosofica, scriveva, nelle prime pagine del suo volume Formale und transzendentale Logik (1929), che la situazione delle scienze europee obbliga a riflessioni radicali, visto che hanno perso la fede in se stesse e nel proprio significato. Nelle scienze e nella nuova cultura, create dalle sue mani, l'uomo attuale non vede più quella certezza e quella garanzia che avevano gli uomini dell'Illuminismo. Nel suo ultimo libro, rimasto incompiuto, in cυi tratta della crisi delle scienze europee, il creatore del metodo fenomenologico afferma che il fenomeno storico più grande sta nel fatto che l'umanità lotti per la comprensione di se stessa.

Secondo Huizinga, le scienze, dopo aver creato una nuova mentalità e una cultura addomesticata, stanno producendo una forte caduta della passione critica e dello spirito di discernimento. ΙΙ filosofo olandese, che si propone di accentuare più la vita e l'azione che il sapere puramente speculativo, sostiene che la crisi attuale sta nel «conflitto tra sapere e essere»(7). Sia il sapere puramente speculativo che il prescindere dalla ragione per cedere al predominio dell'istinto sono espressioni culturali e differenti modalità di vita che accusano la mancanza di sintesi dell'uomo moderno.

La speranza e l'illusione che il progresso scientifico aveva suscitato nei tempi passati si sono trasformate ai nostri giorni in timore, minaccia e delusione. La ragione piena di speranza della scienza si è trasformata in ragione disincantatrice, che ha operato «il disincanto del mondo», per usare le parole di Μax Weber. L'uomo non si sente più sicuco e accolto nel mondo, ma in pericolo e come un estraneo che può essere attaccato da forze sconosciute. Ιl progetto scientifico porta a compimento ciò che già si intravedeva nel mondo greco: la volontà di potere implicita in ogni razionalità. L'esplosione scientifica e tecnica che, secondo Heidegger, si scatena attualmente a livello cosmico, rivela la violenza implicita di ogni scienza positiva e razionale.

La scienza e la tecnica, distruggendo i miti, si sono transformate a loro volta nel «grande mito». Ε tuttavia una scienza priva di coscienza ha prodotto una grande demitizzazione generalizzata, che ha abbassato l'uomo anzichè sublimarlo. Lo riconoscono apertamente Κ. R. Popper e J. C. Eccles, quando scrivono che «la demitizzazione dell'uomo si è già spinta abbastanza lontano, anzi troppo lontano»(8).

Da tempo, ormai, si avverte un malessere della cultura, come denunciano scienziati, filosofi, teologi, giuristi, sociologi, psicologi, letterati, ecc. Ogni cultura, secondo Ortega y Gasset, «è un movimentonatatorio fatto per cercare di salvarsi, visto che ci si sente affogare. Ma per cercare di nuotare occorre avere la coscienza previa di stare naufragando. Ora questa coscienza è molto estesa in quasi tutti i settori della società: padri e figli, professori e alunni, impresari e lavoratori, credenti e non credenti. Ε «una cultura contro la quale si può lanciare il grande argomento ad hominem che non rende felici, è una cultura incompleta»(9).

Ιl concilio Vaticano Ιl, prendendo coscienza sul piano religioso della situazione dell'uomo contemporaneo, afferma che «l'umanità vive oggi un periodo nuoνo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti, che progressivamente si estendono all'intero universo»(10). Ε dopo aver analizzato il progresso e i cambiamenti scientifici, ideologici, religiosi, morali, sociali, ecc. in atto, conclude affermando che queste trasformazioni profonde ed estese suscitano nell'uomo malessere, contraddizioni e squilibri tra pensare e vivere, tra conoscenza teorica e volontà pratica ed esigenze morali, tra idealità e vita quotidiana, che in certo modo creano una coscienza infelice e sradicata nell'uomo del nostro tempo(11).





NOTE

5. J. Ferrater Mora, Las crisis humanas. Barcelona 1972, 38-39.

6. Ο. Spengler Años decisivos, Madrid 1936, 16-17. Ιn questo stesso periodo Jung scriveva, in termini negativi: «So con certezza una cosa: che lo stato spirituale della generalità degli europei effonde ovunque υna sospetta crisi di equilibrio. Νon c'e dubbio che viviamo in un'epoca di confusione spirituale e religiosa su grande scala, in un'epoca di massima perplessità» (C. G. Jung, Die Beziehungen der Psychotherapie zur Seelsoree. Zurich 1932, 141.

7. J. Huizinga, La crisi della civiltà, Torino 1978, 63.

8. Κ. R. Popper e J. C. Eccles, El yo y su cerebro, Barcelona 1980, p. ΙΧ (tr. it. L'iο e il suo cervello, Armando, Roma 1981).

9. J. Ortega y Gasset, Εl espectador, in O.C., vol. Ιl. Madrid 1947, 89 (tr. it. Guanda, Parma 1984).

10. GS 4.

11. GS 5-9.

Previous Page