Symeon Koutsas
La Patologia della Paternita Spirituale nei nostri Giorni
Quanto abbiamo brevemente esposto fino ad ora costituisce la fede e l'esperienza della chiesa a proposito della relazione di paternità spirituale, così come è andata definendosi e sviluppandosi nel passato e soprattutto nella tradizione monastica. Affiora a questo punto una domanda: «La paternità spirituale funziona, ο potrebbe funzionare allο stesso modo anche oggi, nel nostro tempo?».
La domanda è d'importanza vitale e potrebbe costituire l'oggetto di un'altra conversazione. Per questo consentitemi in ciò che segue di esporre semplicemente alcuni problemi in rapporto al nostro tema, problemi che interessano seriamente molti cristiani e riguardano ciò che potremmo chiamare la patologia della paternità spirituale.
La precoce anzianità di molti preti odierni
Purtroppo nοn si tratta di un caso raro. Molti dei nostri preti, tra i quali diversi dotati di carismi e di notevoli capacià, ricercano molto presto la fama di guide spirituali. Giovanissimi d'età, con una personalità nοn ancora definita, privi di esperienza pastorale, a volte senza aver essi stessi studiato, senza essersi sottomessi a un altro padre spirituale esperto, si fanno propaganda da se stessi oppure organizzano abilmente la propaganda nel loro ambiente, come fossero dei nuovi Barsanufio, dei giovani-anziani carismatici. Come dice il Signore, percorrono «il mare e la terra per fare un solo proselito» (Mt 23,15), per accalappiare dei seguaci. Esercitano una pesante oppressione sulle coscienze nel nome di una doverosa «cieca» obbedienza all'anziano, generando un attaccamento malato alla loro persona. Purtroppo, la responsabilità di questa situazione cade anche sui nostri vescovi, su quei vescovi che ordinano preti in tempi brevissimi e affidano superficialmente la paternità spirituale a preti che non hanno un'adeguata formazione. Sono molto sapienti le osservazioni di padre Paisios, recentemente scomparso, in una delle lettere pubblicate poco dopo la sua morte. Un giovane gli aveva confidato la propria intenzione di entrare nella vita monastica. Ciò che l'anziano gli scrive riguardo alla scelta del padre spirituale può essere d'aiuto anche a noi che viviamo nel mondo.
Cerca per quanto puoi che il tuo padre spirituale sia un uomo spirituale, virtuoso, e soprattutto che sia un uomo pratico più che un maestro. È bene che da mozzo sia diventato capitano senza aver pesato sulle spalle altrui passando tutta la sua vita monastica sui libri; possieda naturalmente un grande amore unito a discernimento,per non affaticare i suoi figli e per non mandarli subito in Paradiso, al modo di Diocleziano ... È ancora di grande aiuto al figlio spirituale se il suo padre è più vecchio di lui di almeno diciotto-vent'anni, perché tale differenza di età genera nel figlio un rispetto naturale.
L'anziano viva una vita semplificata, senza preoccupazioni e inutili affanni mondani, non cerchi i propri interessi, ma quelli di chi gli si e affidato e, in generale, il bene della nostra madre chiesa(1).
Ιl rischio del culto della personalità
È dovere di un vero ed espetto padre spirituale orientare gli sguardi e i cuori dei suoi figli spirituali verso il Signore, e non verso di sè. Ιl culto della personalità, sia che venga ricercato dal presbitero sia che venga mostrato dal figlio spirituale -e naturalmente senza essere contrastato dal primo-, costituisce una malattia e rappresenta un serio pericolo spirituale per entrambi.
Ι padri spirituali non devono mostrare il proprio volto, ma quello di nostro Signore.
Νon facciano dunque da schermo tra Cristo e il loro figlio spirituale impedendo così al suo sguardo di vedere il volto del Signore, ma restino in disparte, con discrezione,e indichino Colui che è il redentore di noi tutti.
Scrive Kallistos Ware:
Ιn realtà la relazione non e bilaterale, ma triangolare; oltre allo starec e al suo discepolo, vi è in effetti un terzo partner: Dio. Nostro Signore ci ha ingiunto di non chiamare nessuno «padre», dato che abbiamo un unico Padre, quello nei cieli (cf. Mt 23,9). Lo starec non e un giudice infallibile o una corte d'appello, bensì un servitore del Dio vivente; non un dittatore, ma una guida e un compagno lungo il cammino. Ιl solo vero «direttore spirituale», nel senso pieno del termine, e lo Spirito santo(2).
La misura dell'obbedienza dovuta al padre spirituale
ll fine della paternità spirituale non è quello di creare una continua dipendenza da parte dei figli spirituali nei confronti dei loro padri, ma di aiutarli a raggiungere la libertà spirituale. ll vero padre spirituale non condanna i suoi figli all'ergastolo di una perenne infanzia spirituale, ma lotta continuamente perché raggiungano la maturità,perché, come dice l'apostolo Ρaolo, pervengano «allo stato di uomo perfetto, nellamisura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13). La coercizione e il potere spirituale non hanno posto nella relazione tra il padre spirituale e i suoi figli. L'obbedienza dovuta al nostro padre spirituale non è «cieca», ma consapevole e non sopprime la nostra responsabilità personale, che deriva dalla nostra libertà in Cristo.
Ιl compito del padre spirituale non è quello di distruggere la libertà di un uomo, ma di aiutarlo a vedere la verità su di sé; non si tratta di sopprimere la sua personalità, ma di permettergli di scoprire se stesso, di crescere fino a raggiungere la piena maturità, di divenire ciò che è realmente ... Ιl padre spirituale non impone le proprie personali idee e pratiche religiose, ma aiuta il discepolo a trovare la propria vocazione. Come diceva un benedettino del XVII secolo, Augustin Baker: «La guida non deve insegnare la propria strada, né alcun particolare cammino di preghiera, ma deve comunicare ai suoi discepoli come trovare da sé la loro strada particolare ... Ιn altre parole, egli non è che l'usciere di Dio; deve condurre le anime nel cammino di Dio, non nel proprio»(3).
Scrive Barsanufio:
Τu sai che non abbiamo mai imposto legami a nessuno, nemmeno a noi stessi(4).
Νon forzare la scelta, ma semina con speranza (cf. 1Cor 9,10). Anche il nostro Signore infatti non ha mai forzato nessuno, ma ha portato la buona novella, e chi voleva lo ascoltava(5).
Ε ancora, non è bene che confondiamo l'obbedienza monastica con quella dei cristiani al loro padre spirituale. L'obbedienza monastica per la sua grandezza e la sua durata, differisce da quella dei cristiani che vivono fuori del monastero. Ιl padre spirituale non è autorizzato a dettar legge con la sua parola, e il figlio spirituale non gli deve l'obbedienza che giustamente un anziano esige da un monaco il quale è tenuto a obbedire «fino alla morte» -dovere questo che deriva dai voti che ha fatto al momento della sua professione monastica-.
Ιl pericolo di un eccessivo sentimentalismo
La relazione che lega il padre spirituale con i suoi figli spirituali è simile alla relazione che si trova all'interno di una famiglia. ln una normale famiglia padri e figli sono legati da affetto reciproco; lo stesso deve avvenire anche in una famiglia«carismatica» di un padre spirituale, di un anziano. Νon ci deve sfuggire, tuttavia, che quella relazione è per eccellenza una santa relazione spirituale che deve essere purificata da ogni esaltazione sentimentale e dev' essere custodita da qualsiasi atteggiamento che possa celare una simpatia o qualche pericoloso e sdolcinato sentimento. L'amore certamente deve essere manifestato con segni esterni e questo vale anche per la relazione spirituale. Μa le relazioni in Cristo devono distinguersi per la loro serietà e la loro gratuità. Ε per mantenere tali caratteristiche è necessaria una distanza spirituale.
Ιl vanto a motivo del nostro padre spirituale
Spesso accade anche questo. Μοlti si vantano del loro anziano. Ε, volente o nolente, sono portati, a dispetto dei loro effettivi meriti, a non riconoscere la propria nudità spirituale e il proprio pericoloso sdolcinato sentimentalismo. Ε questo non è sano. Simeone il Νuovo Teologo attira la nostra attenzione su questo punto:
Νon inorgoglirti per il fatto che a motivo del tuo maestro sei onorato da chi è più grande di te, né di avere molti che ti ubbidiscono a motivo del suo nome: rallegrati piuttosto se il tuo nome è scritto nel cielo dell'umiltà (cf. Lc 10,20)(6).
Ε Giovanni Climaco dice con maggior severità:
Vidi una volta un discepolo di nessun valore vantarsi con alcuni delle virtù del maestro. Mentre credeva di farsi credito con l'altrui farina, si attirò il discredito di tutti, che gli domandavano: «Come mai un albero così bello ha dei rami privi di frutti?»(7).
Occorre fare attenzione anche a un altro fenomeno analogo, che proviene dalla confidenza che il nostro padre spirituale può avere davanti a Dio. Ι nostri padri ci raccomandano di non fare affidamento su questa cosa, né che ci limitiamo a chiedere allo starec di pregare per noi. Dobbiamo lottare anche noi con impegno per la nostra salvezza. Una volta, si racconta nei Detti dei padri del deserto, un fratello fece visita al grande Antonio e lo supplico: «Prega per me». L'anziano gli rispose: «Νon posso aver compassione di te, e neppure Dio l'avrà, se tu stesso non ti impegni nel supplicare Dio»(8). ln altri termini: né io, né Dio avremo misericordia di te, se tu stesso non ti impegni e non supplichi Dio.
Ιl cambiamento di padre spirituale
Come già abbiamo detto, la scelta del padre spirituale e affidata al nostro libero discernimento e alle nostre preferenze. Ι padri teofori, tuttavia, ci avvertono che il cambiamento di padre comporta dei rischi per la nostra crescita spirituale e anche per la nostra salvezza. Scrive san Simeone:
Νon andartene da una parte e dall'altra in cerca di monaci famosi e non indagare sulla loro vita. Se, grazie a Dio, hai incontrato un padre spirituale, di' ciò che ti riguarda a lui solo(9).
È insomma sconsigliabile e pericoloso andarsene di qua e di la cambiando ogni momento e senza motivo il padre spirituale. Scrive Giovanni Climaco: «Νon andiamo in cerca di un medico famoso e preveggente, ma anzitutto di un uomo umile e capace di curare le nostre malattie»(10). Questo suggerimento di Giovanni Climaco risponde esattamente al modo di pensare di molti cristiani odierni e alla loro superficiale ricerca che li conduce a cambiare sovente il padre spirituale"(11).
Ci richiamiamo ancora alla testimonianza del vescovo Kallistos Ware:
Molte persone credono di non poter trovare un padre spirituale, perché lo vogliono fatto in un certo modo: cercando un san Serafino di Sarov, essi chiudono gli occhi sulle guide che Dio invia loro nella realtà. Spesso, i loro presunti problemi non sono così complicati e, di fatto, essi conoscono già la risposta nel fondo del loro cuore. Μa questa risposta non piace loro, perché implica uno sforzo paziente e sostenuto; allora cercano una sorta di deus ex machina che, per mezzo di una sola parola miracolosa, renda improvvisamente facile ogni cosa. Ciò di cui questa gente ha bisogno e in primo luogo di essere aiutata a capire la vera natura della direzione spirituale(12).
Conclusione
La tradizione ecclesiastica ortodossa non è qualcosa che riguarda il passato, e soltanto il passato. È attuale e continuerà ad esserlo. È la fede secolare e l'ininterrotta esperienza della grazia nella chiesa. Questo vale anche per la paternità spirituale, un'istituzione ecclesiale che in queste pagine abbiamo cercato di illuminare, anche se molto superficialmente, alla luce della tradizione ortodossa.
La conclusione che possiamo trarre da questa rapida scorsa nei tesori della tradiziorie potrebbe essere questa: è necessario che abbiamo un padre spirituale stabile. Contemporaneamente è nostro diritto scegliere quello che riteniamo più adatto, non il più accomodante, ma il più esperto, un vero uomo di Dio, accanto al quale troviamo riposo spirituale e ci sentiamo al sicuro.
San Simeone fa un'osservazione che vale anche per oggi: «In verità sono rari, soprattutto ora, quelli che sanno pascere e curare bene le anime»(13). Per questo dobbiamo stare attenti nella nostra scelta e pregare vivamente che Dio ci faccia degni di questo dono.
Scrive ancora Simeone: «Supplica Dio con preghiere e con lacrime di inviarti una guida che abbia vinto le passioni e che sia santa»(14). Ιl Signore ci doni una guida lungo il cammino verso il regno dei cieli.
Note
1. Gherontos Paisiou Aghioreitou, Epistoles, Thessaloniki 1994, p. 43. Di Ρaisios del Monte Athos abbiamo pubblicato in questa stessa collana i Consgli spirituali (Bose 1995, Spiritualità ortodossa 11).
2. Κ.Ware, Riconoscete Cristo in voi?, p. 87.
3. Ibidem, pp. 89-90.
4. Lettera 51, in Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, p. 119.
5. Lettera 35, ibidem, p. 106
6. Simeone il Νuovo Teologo, Le catechesi 20, p. 347.
7. Giovanni Climaco, La scala del paradiso 4,35, p. 101.
8. Αntonio 16, in Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio. Antonio abate, Detti-Lettere, a cura di L. Cremaschi, Milano 1995, p. 228.
9. Biblos tôn ethikôn 7,399-402, in Syméon le Nouveau theologien, Traités théolοgiques et éthiques ΙΙ, p. 184.
10. Giovanni Climaco, La scala del paradiso 4,43, p. 113.
11. Cf. Simeone il Νuovo Teologo, Le catechesi 20, p. 345.
12. Κ.Ware, Riconoscete Cristo in voi?, p. 93.
13. Simeone il Νuovo Teologo, Le catechesi 20, p. 351.
14. Kephàlaia praktika kai theologhika 1,49, in Symeon le Nouveau Theologien, Chapitres theologiques, gnostiques et pratiques, p. 66
|