Elias Economou
Cos'e l'icona: oggetto liturgico oppure mezzo ermeneutico?
Edizione dell'Istituto di Studi Teologici Ortodossi S.Gregorio Palamas, tr. Filippos Kyriacou, Milano 1994.
Le Sacre
6. Le Sacre icone come pure i Luoghi Santi quindi, nοn solo ricevonο per trasmettere l'onorifica venerazione da parte degli uomini, ma ricolmano i credenti di grazia divina.
Oltre a questa bivalente funzione trascendentale, ne hanno poi un'altra appartenente ad un altro ordine: quella antropocentrica.
Esse infatti, insegnano e interpretano cοn la lingua delle forme e dei colori.
6.1 Ιl carattere didattico e fondamentalmente ermeneutico delle sacre icone si basa precipuamente sulla natura dell'uomo 1a quale, per indole, conosce i fatti naturali e quelli storici attraverso i sensi, primo fra tutti quello della vista.
Aristotele osservò già da allora: «Omnes homines natura scire desiderant. Signum autem est sensuum dilectio: nam et absque usu propter se ipsos amantur; prae ceteris autem, qui per oculos fit». (Metaphisicorum Ι 980).
L'uomo vede, conosce e riconosce solo ciò che e visibile.
Tuttavia, vi è anche la visione di ciò che una volta era visibile (persone e fatti storici) e che ora nοn lο è più, così come di ciò che per sua natura risulta essere invisibile ma che può essere visto cοn i soli occhi spirituali, sottoforma di «visione» oppure di «apparizione».
Le sacre icone rivelano quelle persone e quelli avvenimenti che una volta erano visibili, come per esempio quelli che riguardano Cristo e 1a sua nascita, ma offrono anche una rappresentazione visiva, secondo i canoni della natura umana, di ciò che per sua propria natura risulterebbe essere invisibile, quale per esempio 1a vista di Dio Padre. Fonte di quella realtà rivelata che una volta risultava essere visibile e che ora nοn lo è più, come pure di quella che mai lο fu poichè invisibile per sua propria natura, è la rivelazione scritta della volontà divina: ovvero le Sacre Scritture.
6.2 Le Sacre Scritture trasportano, grazie al veicolo linguistico, la parοla e le persone ivi presenti vicino al lettore e a colui che ascolta, e viceversa, in un incontro ottico.
Anche l'icona compie la stessa funzione di mediazione ma cοn unο strumento dissomigliante, equivalente alla lingua.
Secondo il Sinodo: «... ita ut aeque potentiae honorabiles imagines cum evangelio» (Mansi 13:39 D). Trattasi di equivalenza tra due mezzi di comunicazione diseguali tra di loro: la parοla e l'immagine. Questa equivalenza si evince dalla pertinenza e dalla fedeltà della rappresentazione figurativa, che ha come compito quello di raffigurare i fatti storici, così come è stato testimoniato dal Concilio stesso: «evidenter ars ante vultum afferret historiam» (Mansi 13:10 C).
Tale immediatezza dell'immagine, quale esplicitatrice della storia, riconosce all'icona una superiorità nei confronti della parola: «... itaque maior est imago sermone», disse a questo proposito Giovanni - rappresentante dei Patriarcati d'Oriente nel Concilio - e soggiunge, a proposito della succitata superiorità: «Dei providentia factum est propter idiotas homines» (Mansi 13:19 C).
Ciò νuοl dire che la ricezione della verità tramite l'immagine è assai più immediata e completa, essendo connaturale alla natura umana, rispetto a quella recepita tramite 1a parola che ha carattere didattico. L'immagine, quale mezzo di comunicabilità, si appella dunque alla primordiale capacità ricettiva dell'uomo essendo l'una delle due primigenie «lingue». L'altra deve considerarsi la parola proferita.
Le sacre icone hanno come loro fonte 1a paτοla scritta delle Sacre Scritture. Tutto ciò che in esse viene espresso diventa, cοn la mediazione dei pittori, rappresentazione ossia, 1a Parοla Divina viene proiettata dal sistema scritto a quello icastico: la parοla di Dio viene così ad essere profferta sia con 1a parola che con 1'immagine.
Giovanni tornando sull'argomento asserisce: «Νοn adversantur pictores scripturis, sed quidquid scriptura dicit, id demonstrant; ita ut assertores sint eorum quae scripta sunt.» (Mansi 13:19 D).
Orbene, questo asserto sull'icona è contestimonianza della veridicità della parola delle Sacre Scritture.
6.3 L'asserto sull'icona convalidante 1a parola si riferisce principalmente alla storicità degli avvenimenti e delle persone riportati nelle Sacre Scritture, evitando di trasformarli con deduzioni basate su voli di fantasia.
«Una est etiam imaginalis picturae formatio, quae historiae evangelicae praedicationis concinit, ad certitudinem verae et nοn secundum phantasiam Dei Verbi inhumanationis effectae» (Mansi 13:378 C).
Questa frase, nonché 1a precedente «assertores (i pittori) sint eorum quae scripta sunt», pongono 1a legittimità e la funzione delle sacre icone sotto un'altra prospettiva.
Ι fatti che hanno portato alla redenzione dell'Umanità sono stati sentiti ed avvertiti cοn i sensi della vista e dell'udito.
Ι testimoni «οculari» ed «auricolari» predicarono e misero per iscritto «ciò che hanno veduto ed udito». Gli avvenimenti della redenzione, esaminati sotto il punto di vista comunicativo, erano immagini e parole.
Per la loro predicazione e trascrizione e stata usata solamente la parola, sovente carica di tutto un linguaggio di immagini che l'ha portata ad essere parοla descrittiva, «loquantur enim etiam per literas linguae causas, et repraesentant quasi videndas» (Mansi 13:410 C).
Le sacre icone presentano questa parola descrittiva delle Sacre Scritture con rappresentazioni raffigurative, riportandola così ad una delle sue forme originali, vale a dire ad essere visibile.
Le sacre icone ci offrono quindi come visibile ciò che lο era di fatto durante i tempi della rivelazione per quanto riguarda persone ed avvenimenti, avvalendosi di colori, forme, espressioni e movimenti, dando così testimonianza ottica degli avvenimenti della redenzione.
L'appartenenza concettuale di questa funzione dell'icona proiettata a trasmettere 1a storia della redenzione, può essere definita traduttiva della parola in immagine, interpretativa della parola, oppure consonante alla parola testimonianza dei fatti della divina rivelazione.
Indipendentemente da questa primigenia forma di espressione della realtà redentrice recepita con la vista, le icone riportano la parola del Vangelo con la matita del iconografo. Sono quindi traduzioni ed interpretazioni che rispecchiano 1a temporalità, a sua volta in contiguità εcn 1a sovratemporalità.
Per questa ragione 1a cornice topografica, essendo secondaria oppure addirittura insignificante ai fini della salvezza, nοn costituisce un elemento di cura perché abbia una sua simmetria nei confronti della realtà naturale.
Ciò si rileva con perspicuità dallo stesso Concilio, che afferma con intransigente impegno:
«Imago enim secundum nomen tantum, et nοn secundum definitionem communicat primitivo, ut saepe iam diximus; quia et anima caret» (Mansi 13:339 Ε).
L'icona nοn è 1a realtà stessa, ma allοra qual'è il nesso tra loro intercorrente?
6.4 L'icona opera sull'uomo in modo commemorativo, ossia gli ricorda quelle persone e quegli avvenimenti che sono intimamente cοnnessi al progetto salvifico. Ovvero, l'icona « ... ad commemorationem salutaris eius (di Cristo) dispensationis imaginaliter formare illum divinitus erudita est» (Mansi 13:346A).
La reminiscenza così suscitata si focalizza nella «Sua economia salvifica» ossia (mi si consenta il neologismo teologico) è soteriocentrica.
Questo costante diretto ο indiretto riferimento alla salvezza, costituisce indubbiamente 1a differenza avvisatrice esistente tra le sacre icone nei confronti di tutte le altre.
Da qui ha origine 1a loro dignità teologica: «Omne quippe quod in commemorationem Dei conditur, acceptum est illi» (Mansi 13:362 A). Tale funzione commemorativa delle sacre icone verso i fatti della salvezza nοn viene concepita come psicologica ma piuttosto come funzione vitae.
Le sacre icone quindi, nοn solo riportano meramente alla memoria gli avvenimenti passati ma suscitano una reazione emotiva e volitiva.
La memoria ο reminiscenza di Dio è un termine teologico che affonda le sue radici nell'Antico Testamento.
La frase «memoria di Dio» intesa come generica oggettiva (mi ricordo Iddio) è sinonima della fede e come generica soggettiva (Iddio si ricorda) è sinonima della Divina presenza nella storia.
La memoria ο reminiscenza di Dio ο della Sua immanenza implica 1'accettazione della veridicità degli avvenimenti e ne suscita la partecipazione.
La funzione delle icone è commemorativa ma funge anche da guida nell'atteggiamento psichico e pratico dell'uomo dinnanzi ai fatti della salvezza. «Ut autem ad recordationem conversationis eius (di Cristo) in carne sanctae, et salutaris mortis manu quodammodo ducamur, dixerunt et de venerabilibus iconis: et si per eas manu ducimur in dispensationem Christi Dei nostri, quales habemus aestimare illos qui subverterunt venerandas iconas» (Mansi 13:42 D, Patriarca Tarassio).
La connessione tra 1a memoria delle persone raffigurate e l'ardore che spinge il fedele verso di esse, viene esaltata nell' «oros» del Sinodo, « ... quanto enim frequentius per imaginalem formationem videntur, tanto qui has contemplantur, alacrius eriguntur ad primitivorum earum memoriam et desiderium, ad osculum, et ad honoriam his adorationem tribuendam» (Mansi 13:378 D).
La memoria e l'effetto emotivo-volitivo da essa provocato, ossia il desiderio ardente che ne scaturisce, sono frutti dell'azione ermeneutica svolta dalle icone.
Tuttavia, il saluto e l'attribuzione della venerazione nei loro confronti è una manifestazione di adorazione.
Questa loro funzione di interpretare il quadro salvifico costituito da fatti e persone sacre, stimola la memoria e 1a brama conducendo verso un'azione adorativa che culmina nel loro saluto.
Giovanni Crisostomo confessa un aspetto di questa funzione emotiνa: «Vidi saepe in pictura imaginem passionis, et nοn sine lacrymis aspectum transivi, dum evidenter ars ante vultum afferret historiam» (Mansi 13:10 C).
Ιn un passo del Suo «Encomio per Meletio» osserva ancora: «et ubique iconam sanctam illam execreverunt multi; ut nοn solum audirent sanctum vocabulum illud, sed et viderent corporis ejus ubique fιguram, et duplici quadam migrationis illius consolatione fruerentur» (Mansi 13:7 D).
6.5 L'equivalenza fra l'icona e 1a parola del Vangelo è di tipo assiologico.
L'icona, infatti, offre gli stessi fatti e le stesse persone della salvezza che offre Ιa Parola ma con un mezzo eterogeneo nοn meno degno dell'uomo.
Parοla ed immagine si avvicendano nell'autenticità della testimonianza e della comunicabilità dei fatti. Come è stato precedentemente osservato, 1a parola storico-descrittiva all'interno del disegno salvificο nοn è primigenia di per sè ma assume tale carattere mediante l'immagine, venendo cioè utradotta» in icona. Ιn questo modo i posteri potranno prendere visione dei fatti cosi come i contemporanei li hanno vissuti.
Come abbiamo già menzionato, con gli occhi corporei il credente prende visione sia di ciò che una volta era ed ora nοn è più, sia di ciò che per propria natura risulta invisibile all'uomo.
Giovanni Damascheno ammonisce a proposito: «è mediante la contemplazione carnale che ascendiamo a quella spirituale poichè la nostra costituzione è duplice: d'anima e di corpo; impossibile quindi a noi pervenire al grado intellettivo senza partire da quello carnale». (III Trattato apologetico contro i calunniatori delle sacre icone. P.G. 94:1336).
Ιl compito delle icone e quello di tradurre ed interpretare la realtà sovrasensibile e quella storica che una volta era sensibile.
Ιl linguaggio della traduzione e della interpretazione è costituito dalla tecnica, dagli elementi del colore, dalla forma, dall'espressione e dal movimento contenuto nell'icona. L'arte pittorica delle sacre icone nοn è un'arte rappresentativa della natura ο della storia nella sua globalità ma unicamente della storia della redenzione; per questa ragione è portatrice nοn solo di forme ma anche di sottili e sommi concetti teologici.
Le icone, quindi, nοn sono solo commentarii storici ma anche teologici per quel che riguarda i fatti della salvezza.
Fozio Kontoglou osserva correttamente: «Le opere delle arti ecclesiastiche della Chiesa d'Oriente sono commentarii alla parola divina». (v. Ekfrasis pag.XV).
Quando il contenuto di un testo si trasferisce dal linguaggio originario del prototipo ad un'altro, allora vi è traduzione. Quando però il contenuto si trasferisce in modo analitico ed esplicitativo allora vi è interpretazione.
Le sacre icone sono contemporaneamente sia traduzione in un altro «linguaggio» ossia in un sistema eterogeneo quale quello pittorico, sia commentarii dei contenuti così traferiti.
Sotto il profilo teologico la miriade di particolarità contenute nelle icone, costituisce il contributo esegetico del pittore-ermeneuta.
6.6 Ι Padri del Sinodo misero in evidenza l'aspetto didattico secondo il quale le icone si pongono quali strumenti di comunicazione per gli «illetterati» e i «sempliciotti».
Così facendo lasciano intendere che l'icona nοn esige una istruzione specifica da parte del credente orante affinché si adempia la sua funzione comunicativo-istruttiva. Essa offre 1a realtà storica della redenzione in modo diretto e nοn esige una elaborazione intellettiva come avviene invece nel caso della lettura dei Testi Sacri ove, perché si concepisca la realtà, è necessario operare un ricreazione, ossia una trasposizione della parola in immagine attraverso la fantasia.
Qui giova ricordare che il pleroma della Chiesa Ortodossa ha camminato per secoli senza che ci fosse una lettura a livello personale delle Sacre Scritture, ciò dovuto principalmente alla mancanza dell'istruzione necessaria propria degli anni bui della dominazione.
Le sacre icone οvviarοnο degnamente a questa mancanza tanto che il pοpοlο le usò come alternativa equivalente alle Sacre Scritture ignorando, molto probabilmente, che così osservavano esattamente i canoni cui si era pervenuti nel VΠ Sinodo Ecumenico riguardante appunto l'equivalenza esistente tra le sacre icone e le Sacre Scritture.
Le sacre icone intese come mezzi di informazione e di insegnamento sono di ampia comprensione poichè minimizzano i presupposti del sapere, facilitando la assimilazione del messaggio salvifιco che risulta quindi essere di stampo gnoseologico.
Questo immediato carattere comunicativo dell'immagine, costituisce oggi un postulato riconosciuto e strenuamente «valorizzato» da tutti coloro che si rivolgono alla grande massa, spaziando quindi dal campo politico a quello commerciale fino ad arrivare a quello didattico.
6.7 L'introduzione di immagini a supporto dell'istruzione, ripropone esattamente l'interrogativo del titolo poichè le immagini e in genere le rappresentazioni icastiche e fotografιche della realtà storico-naturale usate nei libri, costituiscono sostanzialmente i complementi esegetici del testo a loro giustapposto.
Naturalmente le sacre icone partecipano a questa funzione istruttivo- esegetica ma detengono al tempo stesso la ragguardevole peculiarità di essere oggetti latreutici. Ιl lοrο impiego come tali, tuttavia nοn le priva della loro innata funzione esegetica che loro deriva dalla rappresentazione della realtà.
Possiamo a buon diritto affermare che il loro carattere ermeneutico scaturisce dalla necessità che l'uomo ha dell'immagine per poter comunicare e dalla loro equivalenza cοn la parola.
Di altro ordine il carattere latreutico, ove l'icona funge da ponte di transizione tramite il quale far pervenire a Dio e ai Santi l'onore a loro reso dagli uomini.
Essa allora agisce da altare sul quale viene posto nοn il cruente sacrificio del Vecchio Testamento e neppure quello incruento del Νuονο Testamento ma 1a fede, l'ossequio, l'onore e 1a supplica dell'uomo affinchè riesca ad innalzarsi verso Dio e i Santi.
Innanzi alle sacre icone si acquisisce la consapevolezza dell'oblazione dell'onore verso Colui che sovrasta ogni onore. Ε da lassù, sovente, discende la risposta, manifestandosi in avvenimenti miracolosi.
6.8 La funzione didattica delle sacre icone appartiene -causa 1a cοnversione dei fatti e delle informazioni in un altro genere comunicativο- alla categoria corrispondente sia alla traduzione che all'interpretazione. La definizione sarebbe più esatta se dicessimo che traduzione ed interpretazione coesistono nelle sacre icone.
Mentre la traduzione è ciò che corrisponde alla lettera e allο spirito dei Testi Sacri, l'interpretazione è ciò che ne analizza la lettera e lo spirito.
La traduzione -nοn dimentichiamoci il Grande Fozio- può essere sinottica, ampia oppure minuziosa.
Analogamente, 1a traduzione raffigurativa può essere catalogata come semplice, ampia oppure minuziosa.
Ιl carattere traduttivo ed interpretativo delle sacre icone si evince dalla loro funzione di trasmissione. Mentre la funzione che le icone hanno di trasmettere l'onore a loro tributato caratterizza la lοrο peculiarità di strumenti latreutici, quella tramite la quale informano gli uomini sui fatti e sulle persone della redenzione, sottolinea la loro peculiarità quali mezzi di interpretazione della storia della salvezza, divenendo quindi commentarii illustrati.
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